In queste ore sta facendo il giro delle redazioni la notizia di Martina Scavelli, l’arbitro sovrappeso che ha dato le dimissioni alla federazione di pallavolo (dopo essere stata sospesa).
Qualcuno già sta sostenendo la sua battaglia, affermando che viene discriminata in quanto grassa.
E lei, già che c’è, tira in ballo Paola Egonu, sostenendo che lei è discriminata perché grassa, mentre l’Egonu è discriminata in quanto di colore.
Ora, a parte il fatto che a Paola Egonu hanno dato il ruolo di capitano della nazionale, di portabandiera alle olimpiadi, di coconduttrice di Sanremo e le hanno dedicato centinaia di copertine, articoli di giornale e servizi televisivi. E questo non so se possa essere compatibile con lo status di discriminato. Ma almeno, va detto che la Egonu non ha scelto di essere nera.
Questa sua caratteristica, che a suo dire l’ha esposta a discriminazioni, (e se fosse vero sarebbe una cosa disgustosa) è totalmente indipendente dalla sua volontà.
Ben diversa la situazione dell’arbitro in questione.
Perché essere in sovrappeso dipende al 90% dalle scelte che fai.
E perché sapeva di queste regole fin dal primo giorno in cui ha accettato quel lavoro.
Cosa dice il regolamento
“Ma quindi il regolamento dice che se sei grasso non puoi fare l’arbitro a pallavolo?!”
No, il regolamento prevede che per essere un arbitro professionista, si debba avere anche un certificato di buona costituzione fisica. E se superi certi parametri di massa corporea, il certificato non ti viene concesso.
Perché l’obesità non è una semplice caratteristica fisica, ma anche una malattia.
E le federazioni sportive di tutto il mondo, oltre a non volere assumere persone non in grado di ottenere un certificato medico, non vogliono dare il cattivo esempio.
E qui sta il punto della questione: un arbitro obeso, uomo o donna che sia, è un cattivo esempio.
Si possono dire tutte le fesserie del mondo su body positivity e body shaming, ma la sostanza non cambia: lo sport deve educare ad una vita sana e alla forma fisica. E l’obesità contrasta con entrambi questi concetti.
La morale della storia dell’arbitro sovrappeso
Ma non è finita qui, perché questa storia ha una morale ben più profonda.
Sia chiaro che sono assolutamente contrario al bullismo e penso che nessuno si debba permettere di prendere in giro nessun altro per il suo aspetto fisico.
In più, essendo profondamente liberale, credo che tutti possano decidere cosa fare del proprio corpo e della propria vita.
Tuttavia, sono anche una persona razionale. E so che ogni scelta ha delle conseguenze.
E mi rendo conto che ciò che a Martina Scavelli è successo in forma palese, a tante altre persone capita ogni giorno, in maniera più velata.
Cosa intendo? Semplice: le persone fortemente sovrappeso sono escluse da molti ambiti.
Che si tratti di posti di lavoro o ambiti sociali, gli obesi vengono spesso tenuti ai margini.
Anche quando non esiste una regola specifica a riguardo.
Perchè tu puoi scegliere di essere in sovrappeso. Ma non puoi decidere ciò che gli altri penseranno di te.
Esattamente come questa ragazza può decidere di essere un arbitro sovrappeso, ma non di lavorare nel campionato professionistico.
E quindi, la vera scelta da fare è una.
Puoi decidere di combattere contro i mulini a vento, tentando di convincere miliardi di esseri umani che grasso è bello. E in questo caso avrai pochissime probabilità di riuscita e la prospettiva di una vita ricca di lotte e povera di soddisfazioni.
Oppure puoi prendere atto della realtà, rimboccarti le maniche e migliorare te stessa.
Scoprirai, come capita spesso a chi è stato in sovrappeso per molto tempo, che il mondo è più bello con qualche taglia in meno.
E che vale la pena di dedicare tempo a se stessi e al proprio corpo. Al proprio aspetto, che è e rimarrà sempre il nostro primo biglietto da visita.
Se sei bella, la vita è più bella!
Nicola Cossater